Benevento, funerali del piccolo Emanuele: «Per noi vivrà in eterno»

Striscione davanti la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli

L'ulimo saluto a Emenauele davanti la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli
L'ulimo saluto a Emenauele davanti la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli
di Giuseppe Di Martino
Mercoledì 8 Maggio 2024, 00:00 - Ultimo agg. 09:08
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«Emanuele vivrà in eterno». Lo striscione appeso davanti alla chiesa di Santa Maria di Costantinopoli è il tributo di un’intera comunità lacerata dal dolore per la prematura morte del piccolo Emanuele Di Gioia, il tredicenne beneventano deceduto per arresto cardiaco nel primo pomeriggio di domenica al Pronto soccorso del «San Pio». L’ultimo “viaggio” dell’alunno dell’istituto comprensivo «Moscati» è stato accompagnato dall’affetto di tantissime persone all’esterno e all’interno della chiesa sita al rione Ferrovia. Qui un composto brusio ha accompagnato il feretro bianco mentre il parroco di Santa Maria di Costantinopoli, don Pompilio Cristino, abbraccia mamma Annarita, papà Francesco e i fratelli di Emanuele, Marcello e Giuseppe.

A seguire il serpentone di gente, guidato da centinaia di studenti e amici, i loro familiari e molti docenti della comunità scolastica dell’istituto «Moscati», ancora attoniti per la scomparsa di un ragazzino timido, educato e amato da tutti.

Durante il rito funebre è spettato a don Pompilio dare una senso, che forse non ha, alla morte di un tredicenne.

«Il nostro cuore è turbato e sofferente ma siamo qui per trovare nella fede la forza di vivere questo tragico momento – dice il parroco –. Ci sono momenti in cui trovare le parole giuste appare molto difficile perché ci troviamo di fronte a una realtà che tocca ciascuno di noi. Siamo raccolti nel silenzio di dolore e di mortificazione ma anche di riflessione. Come si fa a non essere sofferenti di fronte a questa dura realtà». Ad ascoltarlo ragazzi con lo sguardo perso di chi, troppo precocemente, ha impattato con l’assurdità della morte. In questi casi la domanda è sempre la stessa: «Perché»? E la risposta intreccia il mondo scientifico e religioso.

Il primo stabilisce che la causa della morte del ragazzo potrebbe essere dovuta ad una miocardite. Il piccolo Emanuele, tornato venerdì dalla gita scolastica a Roma, ha cominciato domenica mattina ad avvertire i primi sintomi del malore che poi non gli avrebbe lasciato scampo, determinato da un arresto cardiaco intervenuto in pochi minuti.

Nonostante tutti gli sforzi per rianimarlo, il cuore di Emanuele non ha mai ricominciato a battere, neanche al Pronto soccorso del «San Pio» dove c'è stato un vero e proprio tour-de-force dei medici che hanno continuato con le manovre rianimative per oltre due ore nel disperato tentativo di strapparlo alla morte. L’altra spiegazione, più profonda e intima, l'ha offerta don Pompilio durante la sua omelia.

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«In questo momento di angoscia e tribolazione, Cristo deve aiutarci a vivere questo momento difficile nella dura realtà della nostra vita. In questa dura sofferenza solo l’amore di Dio può salvarci – sottolinea don Pompilio –. Emanuele ha lasciato nella sofferenza la sua famiglia, che non accetta una realtà del genere, ma anche l’altra famiglia, quella scolastica e quella parrocchiale. Proprio in questa chiesa avevo battezzato Emanuele e sempre qui avevamo festeggiato la sua prima comunione. Era un ragazzo pieno di vita, che amava lo sport e ora spetta a voi ragazzi – dice don Pompilio rivolgendosi agli amici del tredicenne – essere testimoni dell’eredità lasciata da Emanuele».

Con voce tremante una professoressa della «Moscati» ricorda lo studente. «Eri un ragazzo timido ed educato. Sono però felice che hai passato una giornata spensierata a Roma con noi. Tutto questo è inaccettabile». Al termine della funzione religiosa il feretro è stato accolto da tanti palloncini bianchi librati all’unisono in aria.

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