L'umanità e la disorganizzazione, lo spirito d'accoglienza e la mancanza di progetti sul welfare, la beneficienza e la povertà: sono questi i contrasti irrisolti per i rifugiati napoletani, a due mesi abbondanti dallo scoppio della guerra in Ucraina. I mediatori parlano di «fuga da Napoli per i profughi - racconta come tanti Oksana Olimyk dello Sgarrupato -. Su 100 persone, 50 sono andate via in Germania, Polonia o Ucraina: qui non ci sono prospettive e non sono arrivati i sussidi statali». La mancanza di aiuti statali sta favorendo la genesi di «scontenti» tra chi ospita - in particolare famiglie italiane meno abbienti - e chi è ospitato. Il problema non è il posto letto: ma sono cibo e soldi. L'accoglienza napoletana (e italiana) è rimasta anarchica, non legata a sistemi fissi e prospettive di inserimento sociale. Tutto si basa sul volontariato, che comunque resta vivo in una città come Napoli che conosce bene la guerra e che, nel bene e nel male, si cura del prossimo più o meno come di sé stessa. La signora Lucia, per esempio, dal suo balcone di salita Pontecorvo, continua da oltre sessanta giorni a calare nel paniere 50 euro a settimana ogni martedì. Soldi che i volontari ucraini del quartiere usano per sfamare circa 15 famiglie di rifugiati che gravitano intorno allo Sgarrupato (il centro sociale dei Ventaglieri). A raccoglierli passa Oksana, che pochi giorni fa ha scritto alla signora Lucia un biglietto in italiano: «Grande donna, cara amica, Grazie». Ma Oksana non nasconde l'amarezza per la situazione generale. «Tanti profughi - dice - sono ospitati in famiglie italiane che non ce la fanno più a sostenerli. Molti sono tornati in Ucraina. È iniziato il controesodo da Napoli. Lo Stato non ci aiuta. I rifugiati sono sparsi tra Pianura, Ponticelli e Cavour, Cavone: molto mimetizzati nel territorio. Nelle famiglie c'è scontento perché mancano i soldi. Ci si aspettavano almeno i 300 euro per pagare la bolletta. Nelle scuole statali inoltre non ci sono aiuti adeguati per permettere ai bambini di imparare l'italiano».
Anche Pasquale Menichini, imprenditore partito a sue spese con la carovana Mediterranea, sottolinea il problema linguistico: «Uno dei bambini con cui ho legato sul bus diretto a Napoli passa le giornate parcheggiato a scuola, senza supporto linguistico». Lara Levchun, mediatrice del Sai, racconta invece di «due mamme con due bimbi, che attualmente alloggiano a Soccavo da italiani.
Sono calati gli arrivi (ben sotto i 1000 al giorno). Siamo lontani dai 700mila profughi stimati in Italia all'inizio del conflitto. Circa il 10% dei 102mila ucraini in fuga lascia lo Stivale. Lo Stato aveva promesso 300 euro per ogni adulto e 150 per ogni minore, per un massimo di 3 mesi. La piattaforma per i sussidi dovrebbe essere attivata a breve. Ma per ritirare i soldi bisognerà aspettare metà maggio. «Secondo i dati dell'Asl Napoli 1 dall'hub di Mostra sono passati 6616 rifugiati - spiega l'assessore comunale alle Politiche Sociali Luca Trapanese - Il nostro assessorato ha accolto 297 nuclei familiari (850 persone). Questa emergenza ha dato vita a una operatività tra istituzioni che forse prima non lavoravano spesso bene insieme: Procura dei Minori, Prefettura, Regione, Asl, Crocerossa, Protezione civile, Caritas. Il mancato arrivo dei fondi, ha fatto nascere una grande rete di solidarietà ed evitato finora il nascere di speculazioni».