Sanità in crisi, quei 2 milioni di italiani che rinunciano a curarsi: farmaci non rimborsabili, esami e controlli annullati

Salute sempre più a rischio: un’analisi della Fondazione Gimbe rileva che 4,2 milioni di famiglie nel 2022 hanno limitato le spese sanitarie

Sanità in crisi, quei 2 milioni di italiani che rinunciano a curarsi: farmaci non rimborsabili, esami e controlli annullati
Sanità in crisi, quei 2 milioni di italiani che rinunciano a curarsi: farmaci non rimborsabili, esami e controlli annullati
di Graziella Melina
Mercoledì 10 Aprile 2024, 07:29 - Ultimo agg. 11:37
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Le liste di attesa sono ancora lunghe. Molti farmaci non sono rimborsabili. Chi ha bisogno di visite specialistiche alla fine decide di pagarsele di tasca propria. Tanti altri, invece, aspettano, rimandano o addirittura rinunciano: sono 1 milione 900 mila italiani. Quanto sia a rischio oggi la salute dei cittadini senza un servizio sanitario in grado di garantire assistenza a tutti, in modo capillare e rapido, lo spiegano con chiarezza i dati del rapporto della Fondazione Gimbe: nel 2022 la spesa sanitaria out-of-pocket, ossia quella che è sostenuta direttamente dalle famiglie, ammonta a quasi 37 miliardi di euro; 25,2 milioni di famiglie italiane in media hanno speso per la salute 1.362 euro, oltre 64 euro in più rispetto all'anno precedente.

I PARAMETRI

«Se da un lato la spesa sostenuta dalle famiglie supera la soglia del 15% spiega il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta concretizzando di fatto, secondo i parametri dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, un sistema sanitario misto, va rilevato che quasi l'89% della spesa privata è a carico delle famiglie».

Il che vuol dire, in sostanza, che non tutti poi alla fine possono permettersi di mettere mano al portafoglio per potere avere subito una diagnosi, né per potersi pagare le cure. A questo punto, come certificano i dati dell'Istat, molti provano a limitare le altre spese: nel 2022 è successo al 16,7% delle famiglie. E se il Nord-Est (10,6%), il Nord-Ovest (12,8%) e il Centro (14,6%) si trovano sotto la media nazionale, tutto il Mezzogiorno si colloca al di sopra: di poco le Isole (18,5%), di oltre 10 punti percentuali il Sud (28,7%). Preoccupa poi la fetta della popolazione che purtroppo non ce la fa ad affrontare ulteriori spese e spesso si indebita: il 4,2% delle famiglie è stata costretta a rinunciare ai controlli, anche se si tratta di patologie oncologiche. A conti fatti, non possono curarsi oltre 4,13 milioni di persone.

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È capitato a Nunziella Troiano, 44 anni, lucana. «Sono una paziente oncologica e ho una mutazione genetica brca1 che mi predispone alla malattia spiega - L'aspettativa della recidiva è quindi sempre dietro l'angolo. Normalmente dovrei fare i follow up con cadenza regolare, ogni 4-6 mesi, ma non riesco mai a farli, perché vengo rimandata dopo un anno, 10 mesi se va bene. Certo, se potessi, affronterei una spesa privata e lo avrei fatto anche tanti anni fa: prima di ammalarmi, quando sapevo di essere una donna con questa mutazione genetica, a causa delle lungaggini burocratiche ho avuto difficoltà a controllarmi per un anno e mezzo, ed è stato questo il periodo in cui mi sono ammalata. Il mio rimpianto è che se mi fossi potuta permettere delle visite private, probabilmente mi sarei approcciata alla chirurgia preventiva. Nel mio caso, avrei potuto farlo prima e avrei evitato la malattia e la conseguente chemioterapia».

I CONTI

Stesse difficoltà le ha dovute superare Bruna, 51 anni, anche lei vive nel Mezzogiorno. «Da capofamiglia, impiegata part time, ho dovuto fare i salti mortali racconta - E sono stata tanto aiutata. Ma in uno degli appuntamenti romani per i controlli, ricordo che proprio non riuscivo a far tornare i conti. Allora, un giorno ho preso con me il collier d'oro che mi avevano regalato i miei nonni quando mi sono diplomata e mi sono recata in oreficeria. L'ho dato via piangendo. Così ho pagato viaggio, albergo, vitto, taxi, controllo e visita ginecologica. Ho speso tutto e sono rientrata».

Ma il peso economico delle cure spesso è insopportabile anche per i malati cronici. Teresa Crea vive a Roma e a giugno compirà 72 anni. «Ho lavorato per 42 anni in uno studio notarile ricorda poi mi sono dovuta fermare perché mi sono ammalata: soffro di fibromialgia e ho anche tante altre patologie. Pur avendo l'invalidità, e nonostante sulla ricetta il medico indichi l'urgenza della visita o dell'esame strumentale, devo aspettare mesi e anche un anno. E così, visto che da molti esami dipende poi la mia salute e la qualità della vita, spesso sono costretta a pagare anche duecento euro di tasca mia per un controllo».

LE RINUNCE

Le visite da fare ogni mese sono tante, e le rinunce sempre più numerose. «Alcuni farmaci che servono per calmare il dolore spiega amareggiata costano 54 euro e non sono rimborsabili. Ormai evito di comprarli e cerco di sopportare il dolore. Per riuscire a far fronte a tutte le spese, mio marito ha pure ceduto il quinto della pensione. Ma la cosa che più mi addolora è che con quel prestito mi sarebbe piaciuto dare una mano ai miei figli. E invece non bastano neanche per curare me».

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