Migranti, persino il mare
ha più pietà degli uomini

L'arto ritrovato sulla spiaggia di Capaccio Paestum, in provincia di Salerno
L'arto ritrovato sulla spiaggia di Capaccio Paestum, in provincia di Salerno
Martedì 5 Marzo 2024, 20:39
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«Resti umani a Paestum, in Calabria spuntano le ossa dell'altro piede» (www.ilmattino.it , 5.3.2024 ore 17.12)
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«Il mare - scriveva Carlos Ruiz Zafon - ha questa capacità: restituisce tutto dopo un po' di tempo, specialmente i ricordi». Chissà quanto tempo ha impiegato, il mare, per ricomporre parzialmente il “ricordo” di quello che è stato un uomo. Si tratterebbe di un migrante, ingoiato in una delle tante traversate tramutate in naufragio e che hanno reso il Mediterraneo un grande cimitero. Perché in questo mare, a noi così familiare, uomini senza scrupoli - dagli scafisti a chi spesso non ha mosso un dito - hanno ucciso dal 2013, anno del naufragio di Lampedusa, quasi 30mila persone. Un numero enorme.

E' una storia già da brividi, se la riduci al solo aspetto fattuale, quella che arriva da Capaccio Paestum in provincia di Salerno e da Santa Maria di Ricadi, a sud del promontorio di Capo Vaticano, in Calabria.

Con una macabra sincronia, a distanza di due giorni, il Mar Tirreno e il Mar Ionio hanno restituito quel che resta del corpo di un uomo. La gamba destra e la gamba sinistra, sicuramente della stessa persona (l'ultima parola verrà dai moderni mezzi d'indagine i carabinieri). Due ossa di tibia e due piedi, attorno ai quali sono disperatamente rimasti attaccati due calzettoni e due scarpe da ginnastica uguali. Un segno macabro per “aiutare” gli uomini a capire che sì, si tratta della stessa persona, vestita in quel modo, morta nel Mediterraneo in tempesta e i cui resti sono ora rimasti a dar tracce concrete, quasi per “costringere”  ad occuparsene.

Il mare, quasi pietosamente, in maniera ovviamente incompleta, ha rimesso insieme parti di quella che fu una vita. Chissà che volto aveva, da dove veniva, perché scappaca, quanto aveva sofferto. Il mare mangia tutto, impietoso. Gli uomini, le donne e i bambini ingoiati con i loro barconi diventano tristemente cibo per pesci. Non resta nulla, nulla. Tranne le ossa, stavolta pure i calzettoni e le scarpe, trascinati dalle correnti a centinaia di chilometri sulle spiagge di due mari diversi, con  l'Italia per lo mezzo.

E chissà se si arriverà a dare un nome a questo uomo ritornato a galla attraverso l'unica cosa di sè che ha resistito all'azione del mare. Ci piace sperare che si possa identificarlo per dargli sepoltura con nome e cognome, nel suo Paese, per informare i suoi familiari, se li aveva. A noi resta l'amara consapevolezza che quelle 30mila persone non sono scomparse del tutto: ogni tanto i loro cadaveri, rigonfi d'acqua o ridotti a scheletri spesso smembrati, come in questa occasione, tornano come “fantasmi”. A ricordarci quanto sia grande il dramma di chi varca il mare per salvarsi da guerre e carestie, senza minimamente immaginare che quel mare diventa, molto spesso, il loro cimitero. A ricordarci come la pietà sia un sentimento che orami stentiamo a praticare, se non tanto al chilo.
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Abbassiamo il volume e alziamo la pietà (Fabrizio Caramagna)

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