Con l’accordo di governo sulla riforma della giustizia, che prevede soprattutto la separazione delle carriere tra giudice e pubblico ministero, si chiude il cerchio delle tre proposte di riforme istituzionali, presentate e promesse al corpo elettorale da parte della maggioranza politica. Ognuna delle proposte è voluta e sostenuta da ciascuna forza politica della coalizione di governo. Messe insieme, le proposte di riforma rappresentano il collante che tiene unita la maggioranza, sulla base della fiducia elettorale ricevuta. Così il premierato è la riforma di Fratelli d’Italia, il regionalismo differenziato è voluto dalla Lega, la riforma della giustizia è il cavallo di battaglia di Forza Italia. Le prime due proposte, premierato e regionalismo differenziato, hanno iniziato il loro iter parlamentare che si potrà concludere con l’approvazione finale di entrambi i testi di legge. La terza proposta, relativa alla riforma della giustizia, è finora frutto di un impegno governativo, che dovrà sfociare in un progetto di legge costituzionale da sottoporre alle Camere. Si conoscono già quelli che saranno le linee guida del progetto. Innanzitutto, la separazione delle carriere tra giudice e pubblico ministero, con la creazione di due Csm, uno per gli uni e uno per gli altri.
Quello della separazione delle carriere è un tema che torna ciclicamente nel dibattito politico-istituzionale italiano. Non sono mancati, in passato, progetti che hanno provato a modificare la costituzione attraverso la previsione di una divisione e distinzione dei ruoli tra chi giudica e chi accusa. A parte la cosiddetta “bozza Boato” della bicamerale D’Alema, ricordo una proposta d’iniziativa popolare, predisposta dalle Camere penali nel 2017, che proponeva una soluzione ben strutturata. Altrettanto il disegno di legge costituzionale presentato dall’allora ministro della giustizia Alfano nel 2011, che prevedeva la separazione delle carriere, il doppio Csm e una Alta Corte dedicata ai provvedimenti disciplinari sui magistrati.
Rispetto ai due progetti di riforma sul premierato e sul regionalismo differenziato, questo della giustizia sarà diversamente divisivo.
Tenere distinto e distante il giudice dal pubblico ministero vuol dire applicare la separazione dei poteri. Nei paesi del costituzionalismo liberale funziona così: i giudici costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge. Sarebbe giusto che venisse scritto anche nella costituzione italiana.