Al di là del reato contestato, a rendere ancor più odiosa la condotta di alcuni degli 89 dipendenti ed ex dipendenti dell’ospedale Ifo-Istituto nazionale tumori Regina Elena, indagati dalla Procura di Roma per le presunte false timbrature del cartellino, è il fatto di sapere che mentre un paziente oncologico aspettava il proprio medico di riferimento, quest’ultimo - pur risultando presente sull’orario di servizio - stava giocando beatamente a tennis con l’amico. Dall’inchiesta del sostituto procuratore Alessandra Fini, infatti, emerge che i “furbetti del badge” - come raccontato ieri da “Il Messaggero” - approfittavano della compiacenza dei colleghi (pronti a timbrare al posto loro) per fare le più svariate attività: ludiche, sportive e casalinghe.
SHOPPING E VACANZE
C’è chi durante l’orario di lavoro si recava nei negozi del centro per compare capi di abbigliamento, chi andava al supermercato a fare la spesa e chi portava ad aggiustare l’auto in officina.
SECONDO LAVORO
Tra le condotte contestate, avvenute da ottobre 2018 a giugno 2019, ci sono anche casi di dipendenti che svolgevano un secondo impiego nell’orario in cui risultavano in servizio. Alcuni medici, ad esempio, passavano dal regime pubblico alle visite private (a pagamento) in intramoenia senza timbrare il cartellino in uscita. Nella lista degli indagati - che sono stati sottoposti a interrogatorio tra luglio e dicembre scorso - ci sono 22 dirigenti medici, 2 dirigenti biologi, 44 infermieri, 14 tecnici radiologi, un operatore socio-sanitario, un tecnico di fisioterapia e 5 assistenti amministrativi.
L’indagine è partita da una denuncia presentata dall’Ifo, parte lesa in questa vicenda. Ora, sarà il pm a decidere, alla luce dei chiarimenti forniti in sede di interrogatorio, quali posizioni archiviare e per quali chiedere il rinvio a giudizio. «I miei due assistiti hanno spiegato ai carabinieri che in un caso, anziché scendere a “beggiare” l’uscita, visto che passavano all’intramoenia, avevano mandato un collega per risparmiare tempo - spiega l’avvocato Caruso - Ma le fatture che abbiamo depositato dimostrano che erano presenti al lavoro»,
DANNO ERARIALE
Per casi più smaccati - in cui l’assenza è documentata con pedinamenti, foto e segnali gps - sarà la Procura della Corte dei conti del Lazio a procedere per danno erariale nei confronti di medici e infermieri.