Scudetto Napoli, c'è Spalletti a via Chiaia per il film di De Laurentiis: «I miei ragazzi da premio Oscar»

Il kolossal dello scudetto sbarca al cinema dopo l'anteprima

Luciano Spalletti a via Chiaia
Luciano Spalletti a via Chiaia
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Venerdì 3 Maggio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 18:11
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Non ci sono verità nascoste. Forse, mezze verità, indizi di verità, sottintesi. «Sarò con te», il kolossal dello scudetto voluto da Aurelio De Laurentiis sbarca al cinema dopo l'anteprima di ieri sera a via dei Mille, alla presenza della squadra, del patron e dell'allenatore. Quello dello storico trionfo, Luciano Spalletti, perché quello di adesso, Ciccio Calzona, era a letto, improvvisamente malato. Non c'era un altro architetto del successo azzurro: Cristiano Giuntoli. Ma nel film, il ds ora alla Juventus ha notevole risalto. Invitato, sia chiaro, ma elegantemente altrove. Andrea Bosello, il regista, e Aurelio De Laurentiis provano a dare il significato di un documentario. Ma si sa: il calcio è bugia, figurarsi quando in uno spogliatoio spunta un corpo alieno di una telecamera, peraltro non nascosta, che ha il compito di svelare i retroscena. Ne escono pochi, giusto qualche discorso motivazionale di Lucianone. Il film serve a svelare che De Laurentiis era da novembre, a ridosso della sosta, che pensava di vincere il tricolore: sennò non avrebbe messo su l'impegnativa e costosa produzione. Un peccato, poi, che ci abbia messo cinque mesi per parlare di rinnovo con Spalletti che forse, anche per aver dato l'ok (non scontato) all'ingresso nel sacro luogo di estranei, si aspettava il contratto molto prima. Magari proprio durante la permanenza in Turchia. Acqua passata. 

I protagonisti

Ne esce bene, stavolta, Lucianone. Non è l'antagonista (interpretato da Tognazzi) di Totti in «Speravo de morì prima». Anzi: lui qui è il buono, il leader, il saggio, il condottiero. Nel film ci sono (pochi) aneddoti e microstorie (colpisce che Osimhen non si fosse mai accorto che Spalletti per sette mesi ha dormito a Castel Volturno: «Ma è vero? È rimasto lì tutto questo tempo?»). Spalletti è al centro di tutto, con le sue frasi («Questa partita finisce nella vostra carta di identità», dice prima della sfida alla Juve), il suo carisma. L'accordo con la produzione, in fondo, era semplice: voi filmate pure, io deciderò se è il caso che restiate o ve ne dovete andare via. Non lo si dice apertamente, ma dopo la sconfitta per 4-0 con il Milan, qualcuno della squadra pensava pure che fosse colpa dei cameraman e dei registi. La voglia è quella di presentarlo come un docu-film, come se non ci fosse nulla di costruito, tutto spontaneo. La storia, narrativamente, non arriva mai nelle mani di De Laurentiis, che resta sempre di lato. Anche se gli oltre 20 minuti dedicati alle tre partite col Milan sembrano piuttosto esagerate: anche perché sono le tre uniche note stonate nella Marcia Trionfale. Il numero uno del club azzurro dà inizio al racconto: «Luciano l'ho scelto io, perché ero colpito dal suo carattere».

Infatti, a lungo sembra il film su Spalletti più che sullo scudetto. Con esiti sorprendenti. Lo spettatore non avrà difficoltà a distinguere il confine tra finzione e cronaca, perché le verità della scorsa stagione non vengono svelate. Soprattutto quelle che portano all'addio. Spalletti, si sa, al cospetto di una telecamera, si trasforma: ovvio che reciti una parte, chiunque lo farebbe. È un attore di alto spessore, ha un ego sterminato. Piace e si piace. Mostra “la cameretta” di Castel Volturno dove si è chiuso per sette mesi. E lo fa mentre attacca al muro le magliette di Maradona. «Sì, ha dormito in un letto di mer... per tutto l'inverno», dice Elmas che pare sapere tutto. Ci sarà un serie tv sullo scudetto. Ma si dovrà attendere ancora qualche mese. 

 

La serata 

«Non mi stancherò mai di vedere la bellezza di questa squadra, sono loro che meritano l'Oscar» dice Luciano Spalletti al suo arrivo per la prima. Ci sono ovazioni per lui. De Laurentiis ha invitato un centinaio di ospiti e tra questi c'è anche Vincenzo De Luca. I sorrisi si sprecano. La classifica attuale è altrove. «Chi crede che si possano vincere due scudetti di fila è un illuso», dice il patron. Il film scorre inesorabile e parte dai fischi di Dimaro: la narrazione ha bisogno di partire dal basso, anche per esaltare ancor di più l'impresa. Ed è una escalation. Nel film ci sono passaggi arcinoti come quando De Laurentiis chiese a Giuntoli il taglio degli ingaggi. Poi ci sono i primi momenti di Kvara e Kim. Una specie di epopea. La produzione non taglia neppure quando Spalletti, ironicamente, ricorda l'esordio di Verona: «Loro avevano perso in coppa Italia a Bari e il presidente mi disse se volevo dei consigli...». Le immagini del film sono una carrellata dei gol raccontati dai protagonisti. Poi le telecamere lentamente fanno ingresso in quei luoghi vietati agli occhi esterni. I momenti magici, a parte quelli dello scudetto, sono sicuramente legati alla notte con la Juve al Maradona a gennaio. Con l'apoteosi giusto un anno fa, dopo l'1-1 di Udine. 

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