Con i titoli Dua Lipa ci gioca bene da sempre: se il primo album della sexypopstar londinese dalle radici albanesi portava semplicemente il suo nome, nel 2020 fu la volta di «Future nostalgia» ed ora arriva «Radical optimism»: se non sorprende che una bellezza di successo come lei, 283 dischi di platino, tra le 100 persone più influenti al mondo per «Time», guardi al domani con ottimismo radicale, nonostante lo squalo che le si avvicina sulla copertina del disco, i tempi di guerra e di crisi suggerirebbero un sano e pragmatico, se non cosmico, pessimismo.
Ma tra i suoni di hit come «Houdini», «Training season» e «Illusion» non c’è spazio per ombre.
«Un paio di anni fa, un amico mi ha parlato di ottimismo radicale», racconta lei, colpita dall’idea «di attraversare il caos con grazia e di sentirsi in grado di affrontare qualsiasi tempesta. Allo stesso tempo, mi sono ritrovata a guardare la storia della musica della psichedelia, del trip hop e del brit pop». Psichedelia? Trip hop? Brit pop? E che c’appizzano con Dua Lipa? Niente, ad essere sinceri, il sound è sempre quello retromodernista disco-dance, ma qualche spruzzata di lisergia disarmata arriva dal lavoro di Kevin Parker, leader dei Tame Impala, al lavoro al disco con Caroline Ailin, Danny L. Harle, Tobias Jesso junior.
I testi verranno scandagliati dal gossippificio imperante per trovare allusioni maligne ai suoi ex, o benigne all’indirizzo dell’attuale compagno, l’attore Column Turner. Alle regine di stagione, e non solo, Taylor Swift e Beyoncé, Dua Lipa si aggiunge forte del primato di prima donna ad avere quattro canzoni con oltre due miliardi di stream su Spotify («One kiss», «Don’t start now», «New rules» e «Levitating»). «Watcha doing» ha un basso alla Chic/Earth Wind & Fire, l’iniziale «End of an era» è il brano migliore del disco, che saremo condannati ad ascoltare nei prossimi mesi qualsiasi piattaforma, o radio, si decida di aprire. Ma anche andando a Glastonbury, dove è headliner.