L’epidemia di colera del 1973, aiuta a comprendere meglio, anche alla luce delle recenti vicende pandemiche, il divampare di malattie epidemiche in scenari urbani in cui per larga parte domina la modernità. È quanto emerso dalle giornate di studio «Prima e dopo il colera, dal 1973 le epidemie nella storia di Napoli», che si sono svolte nella Fondazione Banco di Napoli, organizzate dal Dipartimento di Scienze Politiche della Federico II e l’istituto di Storia dell’Europa Mediterranea del Cnr.
Quest’anno ricorrono i 50 anni dall’epidemia di colera a Napoli dell’autunno del 1973. L’anniversario ha così sollecitato una rivisitazione storica di ampio respiro tra l’età moderna e contemporanea sulle epidemie che hanno colpito la provincia partenopea, tra le più coinvolte a livello europeo da focolai di infezione epidemica. «Quando sul finire dell’agosto del 1973 si manifestano i focolai di colera - ha spiegato Francesco Dandolo, Ordirario di storia economia Università Federico II - Napoli vive la stagione della modernità.
Tra i temi affrontati, il diffondersi delle epidemie a Napoli dalla metà del 1600 ai giorni nostri, con relazioni solidamente documentate al fine di fornire una lettura di insieme aggiornata e puntuale sui processi che hanno profondamente segnato la storia della metropoli partenopea. L’impatto delle epidemie sul tessuto urbano e sul contesto sociale della capitale del Mezzogiorno inquadrando gli effetti di lunga durata delle infezioni epidemiche.
Infine, la comparazione tra quanto avvenuto a Napoli e le reazioni di tipo politico, economico, sociale e culturale che si sono determinate con altri contesti urbani e regionali.
Una categoria storica che non si può configurare come un dato acquisito, ma che invece è messa in discussione da vicende che seppure apparentemente appaiano traumatiche e improvvise, hanno il loro radicamento negli stessi processi di modernizzazione spesso ricchi di palesi contraddizioni.