Una rosa di cinque sospettati di origini rom. Tra loro dovrebbe esserci chi, la notte di venerdì, ha esploso più colpi, due dei quali hanno raggiunto e ucciso Alexandru Ivan. I carabinieri del Nucleo investigativo della Compagnia di Frascati non stanno ricercando più nessuno per l’omicidio del 14enne di origini romene: il quadro indiziario è abbastanza chiaro. Si attendono ora i risultati di una serie di accertamenti tecnici per capire, appunto, chi fra quei sospettati nel parcheggio della metropolitana Pantano, alla periferia Sud-Est di Roma, abbia sparato colpendo per errore il ragazzino e chi fra gli altri possa essere accusato eventualmente di concorso in omicidio. Fra questi esami, ci sono gli esiti delle celle telefoniche e quelli degli stub per risalire a tracce di polvere da sparo mentre va rafforzandosi il movente. La sparatoria sarebbe stata l’epilogo di un regolamento di conti, quasi certamente per “dissidi” legati agli stupefacenti. «Un ragazzino di 14 anni non può entrare nel gruppo di qualche adulto e fare c..... con la droga», continuava a ripetere ancora ieri la compagna del padre biologico di Alex, Viorica Spinu.
La ricostruzione
In base alla ricostruzione dei carabinieri, venerdì sera intorno alle 23 il patrigno del 14enne entra nell’“Esse Cafè” e inizia a discutere animatamente con tre persone (le prime che sono state identificate dai militari grazie alle videocamere del locale).
I sospettati
I cinque sospettati gravitano all’interno di un gruppo che nella zona, replicando il modello di clan più strutturati ma senza avere con questi “contatti” o “legami” anche familiari diretti, è conosciuto perché dedito alle attività illecite. Spaccio di droga, ma anche furti e ricettazione. «Fanno un po’ come vogliono qui», dicevano alcuni residenti sempre ieri davanti al bar «c’è chi ci lavora insieme e chi se ne tiene alla larga. Sono scelte». Molto resta da chiarire anche all’interno della famiglia di Alex. La mamma, martoriata dal dolore, non è riuscita finora a fornire un racconto lineare. La notte del delitto, non vedendo il compagno, il figlio e il padre rincasare, ma sapendo quasi certamente dove si erano recati e forse anche perché, si è precipitata al parcheggio trovando il figlio già morto. «Non sapevo che uscisse di notte - ha detto Edy, il padre biologico del ragazzino - non doveva essere qui, il patrigno? Ha provato a parlarmi ma non l’ho ascoltato mi chiedo solo che ci facesse mio figlio alle tre del mattino in mezzo alla strada. Questo mi sto chiedendo e qualcuno dovrà rispondere». La prima chiamata di aiuto parte dal parcheggio alle 2.29. È lo zio acquisito di Alex a telefonare, dice: «quelli che hanno sparato se ne sono andati». Prova anche a fare un massaggio cardiaco al ragazzino, ma il 14enne non si muove. «Non respira, non risponde». È già morto.